Tommaso Campanella: rapporti tra eugenetica magica ed eugenetica pseudo-scientifica

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L’eugenetica è una pseudo-scienza nata nell’Ottocento, in particolare grazie a Francis Galton, cugino di Charles Darwin. Essa si propone il compito di eliminare o impedire la nascita di persone inadatte (unfit), e di favorire la riproduzione delle persone adatte (fit). Il massimo successo dell’eugenetica sarà raggiunto

sotto il nazismo hitleriano, quando ogni uomo sarà valutato in base non alle sue scelte, ma alla sua razza, al suo sangue, alla sua biologia (oggi diremmo: ai suoi geni).

L’eugenetica dell’Ottocento e del Novecento è basata su un sogno, la creazione di una umanità perfetta, pura, sana, attraverso le conoscenze scientifiche e tecniche.

Le sue radici sono nel pensiero utopistico, ed anche in quello magico/astrologico.

Utopistico: già Platone nella Repubblica raccomandava l’infanticidio di creature malate (“deve essere puro il genere umano”), e sviluppava l’argomentazione secondo cui gli uomini allevano gli animali con grande cura, ma poi trascurano di selezionare la razza umana.

E’ con La città del Sole (1602) del domenicano eretico Tommaso Campanella, però, che viene teorizzata forse per la prima volta con tanto scrupolo e precisione, un’eugenetica di Stato. Di modo che utopia, totalitarismo ed eugenetica si trovano intrecciati in un’unica opera.

Utopia: costruire la città in cui tutti sono fisicamente sani, e, di conseguenza, moralmente buoni; totalitarismo: trasformare la generazione in fatto pubblico, controllato dallo Stato, che ha il compito, di stabilire tempi e modi della generazione (evitando che essa sia legata ai sentimenti e alle scelte private); eugenetica: è compito dei medici-astrologi  scegliere il momento astrologicamente giusto, per garantire che la riproduzione vada a buon fine.

Così per Campanella uomini concepiti nel modo e nel tempo giusto (eugeneticamente selezionati) saranno inevitabilmente sani, e, oltre a ciò, in una visione determinista che nega di fatto la libertà e la dimensione spirituale, inevitabilmente buoni (perchè, come nota Maria Moneti Codignola, per Campanella “la virtù morale è solo l’espressione di una buona disposizione naturale congenita“, così che a generazione errata corrisponde, quasi per forza, una vita malvagia, di cui dunque i veri colpevoli sono i generatori, non i generati).

Se si aggiunge a tutto ciò che Campanella vede nel comunismo di beni e donne, un elemento essenziale della città ideale, si può comprendere perchè si sia visto talora nella sua utopia un’ anticipazione dei totalitarismi del Novecento: quello pseudo-scientifico nazista (sotto immagine di un Lebensborn, allevamento di bambini di razza, da “donne di sangue puro” disposte a donare il proprio figlio alla Germania), che credeva di annullare il male fisico, tramite la selezione della razza, e quello egualitario, comunista, che riteneva di poter eliminare il male morale, attraverso l’eliminazione della proprietà privata.

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Campanella – che si riteneva nel contempo grande uomo politico, destinato dagli astri a guidare l’umanità in un’epoca nuova, e  uomo di scienza (di qui le sue lettere a Galilei, che mai gli rispose, per complimentarsi con lui e fargli l’oroscopo- insegna dunque non solo la contiguità tra utopia e dittatura, in politica, ma lo stretto rapporto tra visione magica e visione psuedo-scientifica; in altre parole che spesso, in età contemporanea, si sono utilizzate e si utilizzano la conoscenza scientifica e la tecnica, con mentalità magica (vedi immagini sotto).

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Di seguito un brano di Antonio Gargano:

… Dopo la spropriatezza e l’abolizione della famiglia, Campanella delinea un terzo pilastro della comunità solare: l’eugenetica. Di fronte alle moltitudini abbrutite e malate gli altri utopisti del Rinascimento si ponevano il problema di come mettere fuori della città malati e folli. Campanella invece concepisce l’idea che, abolita la famiglia, bisogna pianificare la procreazione per sviluppare una stirpe bella, pura, forte. Egli propone una buona generazione, grazie alle cure dello Stato. Campanella riflette forse sul levriero napoletano, una razza di cani molto elegante che i nobili napoletani avevano prodotto attraverso incroci. Se si provvede ad allevare razze animali in modo che si sviluppino determinati caratteri, Campanella si chiede perché abbandonare invece la generazione umana al caso, per cui nascono persone deformi o malate. Egli era stato per un periodo precettore di Mario del Tufo, marchese di Ravello, una delle persone più ricche del regno, tanto che  per arrostire i cibi usava, invece  della legna da ardere, le spezie, che a quei tempi erano un bene rarissimo e riservato solo ai nobili, i quali le usavano, in quantità minima,  per condire i cibi. Questo ricchissimo marchese aveva creato in Puglia un allevamento di cavalli da cui traeva splendidi esemplari da corsa. Campanella, suggestionato da queste osservazioni sulla società napoletana e meridionale, afferma che la Città del Sole promuove una politica eugenetica, cioè fa in modo che si sviluppi una stirpe umana sempre più forte, bella e sana. A tal fine escogita sistemi un po’ grossolani, ad esempio: una donna di taglia forte si dovrà unire con un uomo magro, una persona euforica si dovrà unire con una più posata, in modo che il nascituro sia una via di mezzo tra la persona alta e quella bassa, tra la persona magra e quella corpulenta, tra la persona estroversa e quella introversa e così via. Soprattutto sostiene che i funzionari dello Stato preposti alle nascite devono scrutare gli astri, che predeterminano le caratteristiche di una persona, in modo da decidere quando uomo e donna si debbano accoppiare per far sì che vengano al mondo individui con attitudini diverse a seconda della configurazione astrale sotto la quale nascono: le nascite si pianificano con l’astrologia. L’eugenetica propone un altro problema: ci deve essere un potere saggio che deve indirizzare tutta la vita della comunità.
Il potere supremo sulla Città del Sole dovrà essere detenuto da un personaggio che Campanella chiama “Sole”o “Gran metafisico”, il più sapiente di tutti, scelto dai sapienti precedenti. In questo senso Campanella si avvicina a Platone in quanto nella Repubblica di Platone i governanti dovevano essere filosofi, dovevano cioè governare i sapienti. «Sole può divenire soltanto colui che conosce le storie di tutti i popoli, religioni e assetti politici o inventori di scienze e arti. È necessario poi che conosca tutte le arti meccaniche e la pittura. Inoltre tutte le scienze matematiche, fisiche ed astrologiche. Non ha importanza che conosca le lingue, ha infatti molti interpreti a sua disposizione e questi sarebbero i grammatici della repubblica. Ma bisogna soprattutto che conosca la metafisica e la teologia perfettamente, le origini, le fondamenta e i limiti di tutte le arti e di tutte le necessità, le uguaglianze e le disuguaglianze delle cose, la Necessità, il Fato e l’Armonia del mondo, la Potenza, la Sapienza e l’Amore delle cose e di Dio, e i gradi degli enti e le loro corrispondenze con le cose celesti, terrestri e marine e studia molto bene nei profeti e astrologia». I solari si lasciano governare dal “Gran metafisico” perché sono certi che un tal sapiente «non sarà mai crudele, né scelerato, né tiranno», a differenza degli ignoranti «nati signori, o eletti da fazione potente». Il Metafisico campanelliano è buon reggitore proprio perché spazia col suo sguardo al di là del fisico, ed è in grado di scorgere le corrispondenze delle cose, la grande unità del tutto e il ruolo che spetta a ogni elemento della totalità. La Città del Sole di Campanella, come la Repubblica platonica, è strutturata in funzione del sapere metafisico: per il fatto di essere pervenuti al vero e supremo sapere del Bene e dell’Essere i filosofi-magistrati sono degni del governo della città. Con loro la scienza della realtà in tutti i suoi gradi si estende all’intera comunità e da caos di egoismi la rende cosmo ordinato, replica dell’ordine supremo e necessario della natura, costruzione armoniosa e giusta…

 

 

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