Nell’estate scorsa su ‘Scientific American’ si lanciava la proposta di non insegnare più Gregorio Mendel a scuola. In quegli stessi giorni Francesco Agnoli stava lavorando a una biografia del monaco boemo ritenendo invece che tale figura meriti maggior attenzione rispetto a quella che gli viene comunemente dedicata.
Esce ora il volume ‘Lazzaro Spallanzani e Gregor Mendel‘, scritto a quattro mani con Enzo Pennetta.
Per sette anni, a partire dal maggio 1856, Mendel compie i suoi esperimenti di incrocio sulle piante di pisello selezionate nei due anni precedenti, dimostrando di aver “fatto proprie le più moderne concezioni della matematica combinatoria e della fisica sperimentale”, fino alla formulazione delle famose tre leggi sulla modalità di trasmissione dei caratteri ereditari con cui nasce la nuova scienza della genetica.
In quegli stessi anni in cui il lavoro di Mendel sarebbe rimasto largamente ignorato, Charles Darwin pubblicava ‘On the origin of species’, che invece sarebbe divenuto il libro più famoso nella storia della scienza. Secondo gli autori, i due diversi destini sarebbero da attribuire anche al clima ideologico di quegli anni in cui il saggista William Draper pubblicava il libro ‘Storia del conflitto tra religione e scienza’.
Il saggio di Agnoli e Pennetta affronta poi un’altra ‘eclissi’ quella della figura di Lazzaro Spallanzani, scienziato e sacerdote, secondo gli autori, oggi largamente ignorato. Eppure, osserva Agnoli, “Spallanzani può a buon diritto essere considerato il padre della biologia, uno scienziato così grande che lo stesso Voltaire, certo non incline ai facili entusiasmi, ebbe a scrivergli parole come: ‘Non ho che pochi giorni da vivere, Signore, li passerei a leggerla, a stimarla e guardarla come il primo naturalista d’Europa‘”.
La figura di Spallanzani fu citata anche da Victor Hugo in un suo racconto, il ‘Le dernier jour d’un comndamné’, omaggio forse più unico che raro nella storia della letteratura.