Napoleone Bonaparte fu il primo statista ad essere profondamente interessato, sin da da giovane, alla matematica (in particolare alla geometria). Durante gli anni della vita militare e poi del potere, ritenne che la matematica e la scienza potessero essere di grande aiuto per vincere le battaglie e per organizzare al meglio il suo Impero, mentre negli anni dell’esilio, quelli dell’impotenza, sembra che la matematica continuasse ad interessarlo per motivi filosofici, come un sostegno razionale alla fede religiosa ritrovata.
Anche oggi la matematica è nello stesso tempo terreno di discussioni filosofico-religiose (si vedano per esempio gli scritti di Piergiorgio Odifreddi e quelli, di segno opposto, del matematico di Oxford John Lennox) e oggetto di attenzioni da parte del potere.
“In Cina e in Corea del Sud c’è una corsa ad accaparrarsi i migliori matematici, offrendo stipendi d’oro a matematici occidentali che vanno in pensione, assumono molti giovani. Si stanziano quantità di denaro che da noi sono impensabili, nella convinzione che anche da qui passi il primato economico-politico nel prossimo futuro”: lo afferma Marco Andreatta, matematico di prestigio internazionale, professore di Geometria all’Università di Trento, presidente del grande Museo delle Scienze della città, il Muse, e soprattutto direttore del Centro Internazionale di Ricerche Matematiche (CIRM).
Professore, come è iniziata la sua passione per la matematica?
“Non mi è chiarissimo. In una precedente intervista ricordavo che un qualche ruolo può averlo avuto anche la lezione di un giovane e brillante sacerdote che un giorno disegnò sulla lavagna non il solito triangolo con l’occhio al centro ma un magnifico cerchio e disse: così come capite che il cerchio non ha un punto di inizio e uno di fine, così potete anche capire che Dio è tutto, è inizio e fine al tempo stesso. Ero incerto tra la filosofia, la medicina, perchè mi allettava l’idea di poter fare qualcosa di concreto per il prossimo, e, appunto, la matematica. Alla fine ho scelto quest’ultima“.
E’ iniziata così l’avventura in una Libera Università giovanissima, quella di Trento.
“Sì, a Trento era nata da poco la celebre università di Sociologia, e Bruno Kessler, politico della Dc, decise di farvi sorgere anche una facoltà di scienze, piccola ma speciale, moderna ed avanzata, aperta alla comunità internazionale. Per renderla più appetibile offriva ai professori ottimi finanziamenti per laboratori e salari più alti che nel resto d’Italia. Tra i fisici, arrivò il professor Fabio Ferrari, che fu il primo preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, dal 1972 al 1977 e poi rettore. Ferrari aveva lavorato in America con il Premio Nobel Emilio Segrè”.
E per la matematica?
“Arrivarono professori dalla Normale di Pisa, allievi del grande Ennio De Giorgi, come Mario Miranda ed Enrico Giusti, e da Padova, come l’algebrista Giovanni Zacher. Ho avuto la fortuna di studiare con personalità davvero di spessore. Poi, dalla piccola università con professori celebri, al mondo sono andato, prima a Bologna, Trieste, poi negli Usa, in Germania e di nuovo in Italia a Milano, per allargare gli orizzonti“.
Oggi lei dirige il Cirm. Di cosa si tratta?
“Il CIRM è un centro di produzione e diffusione della ricerca matematica, unico nel suo genere in Italia, e simile a molti altri centri prestigiosi in tutto il mondo. Il suo obbiettivo è quello di favorire lo scambio culturale, libero e di alta qualità scientifica, attraverso l’organizzazione di workshop, scuole e convegni a cui partecipano matematici da tutto il mondo. Centinaia di matematici si ritrovano da noi ogni anno per affrontare una qualche tematica, e per discutere tra loro. Vede, ai matematici piacciono molti gli scambi personali e orali, magari con lavagna e gessetto. Le intuizioni più belle possono venire come una scintilla mentre si ascolta un collega che espone risultati recenti, durante una riflessione a due. La matematica infatti è un modo esplicito di ragionare: ci sono rigore, regole, ma c’è anche spazio per la fantasia, la creatività, il libero arbitrio… E’ interessante vedere come due matematici possono arrivare in modo diverso allo stesso risultato. Un Teorema matematico viene formulato in maniera universale, ma un ricercatore giapponese, ad esempio, può arrivare alla sua dimostrazione per strade diverse da quelle percorse da un europeo, sia nella forma che nella intuizione; la dimostrazione riflette l’ambiente culturale nella quale è stata costruita”.
Per Enrico Bombieri il matematico è un “esploratore”, ma per alcuni filosofi la matematica è solo nella testa dell’uomo. Ma la matematica è un’ invenzione o una scoperta?
“Credo che la matematica sia una scienza sperimentale, che quindi ha a che vedere con la realtà. Federigo Enriques diceva che per capire le idee matematiche si deve tenere conto della naturale tendenza della mente verso la semplificazione. La reductio ad unum dei filosofi, ma sempre partendo dall’osservazione della realtà. Questa capacità di astrazione è una facoltà tipicamente umana. Vediamo la luna, la ruota… e arriviamo al cerchio. Citando Bombieri mi piace ricordare una sua recente osservazione, molto illuminante: “un aspetto della matematica che la distingue dalle altre scienze: la matematica è una scienza che può studiare se stessa. Come nella Biblioteca di Babele di Borges, la matematica, studio delle relazioni tra oggetti, trasforma le relazioni stesse in nuovi oggetti che sono messi in relazioni tra loro, creando così nuovi oggetti, e così all’infinito“.
La matematica può dirci qualcosa su Dio?
“Le dimostrazioni matematiche dell’esistenza di Dio, come quella del logico Kurt Godel, non mi convincono. Meglio la scommessa di Blaise Pascal…”
Riguardo ad essa, Lei ebbe a dire: «Non ho mai dato troppo peso all’aspetto utilitaristico, ma ho sempre pensato che sotto questo ragionamento razionale ci sia la speranza che la fatica terrena avrà un senso superiore».
“Chiariamo due cose: anzitutto non c’è solo la matematica, ci sono tante altre cose che non sono ad essa riducibili, ad esempio l’amore per il prossimo. Quando un uomo dà ad un altro il suo mantello, per coprirlo dal freddo, non lo fa per la matematica. Questo tipo di fatica terrena ha probabilmente un senso superiore; ma forse lo ha anche un impegno serio e rigoroso nella ricerca scientifica per il progresso umano. In secondo luogo la matematica, la scienza in generale, opera con ragionamenti basati sulla causalità; questo è ciò che sosteneva già Platone qualche migliaio di anni fa. Ci si chiede: qual’è la causa? L’uomo cerca sempre la causa, e poi a ritroso la causa iniziale. Euclide comincia i suoi libri con questa definizione: un punto è ciò che non ha parti. Prosegue quindi derivando altre definizioni e poi proposizioni. Partiamo da una causa iniziale, e questo suggerisce evidentemente un parallelo con la ricerca filosofica e religiosa di una Causa di tutto, di un’ Origine. Scienza e fede in questo senso sono due strade parallele, che non confliggono, mantenendo la loro autonomia. Certamente un uomo nella sua vita si deve porre la domanda: c’è o non c’è un fine ultimo dell’esistenza?“
De Giorgi scriveva: “La Verità assoluta esiste solo in Dio. Noi possediamo verità limitate nel tempo, nei settori, nei singoli argomenti di studio… La Sapienza è nello stesso tempo amichevole e inaccessibile, semplice e misteriosa; ad essa occorre acccostarsi con quel sentimento umile e insieme fiducioso che nella versione latina del Libro dei Proverbi è detto timor Domini principium sapientiae, cioè il timor di Dio”. Lei che ne dice?
“Ho enorme rispetto e ammirazione per il lavoro e le idee di Ennio De Giorgi, quindi penso che quanto riferito debba essere ben considerato. Bisogna però capire cosa si intende per verità. Per i matematici spesso verità equivale alla parola greca alete, ovvero togliere dall’oblio, rendere evidente ciò che esiste a priori, e a questo forse si riferisce il grande matematico leccese. Più in generale per la scienza verità equivale ad apocalisse, ovvero scoperta anche di natura sperimentale. Entrambe questi concetti sono ben diversi da quello che il latino chiama veritas, che è la verità di una sentenza giuridica, o la verità propagandata da una ideologia, o la verità acquisita con la fede. Le prime due si raggiungono con ragionamenti basati sulla causalità, come detto sopra, l’ultima la si accetta sulla base di chi la propone. La Sapienza a cui si riferisce De Giorgi è forse la capacità di mediare tra questi tipi di verità”.
Per voi matematici, le formule sono “belle”, godibili. Ma anche utili…
“C’è un’etica della matematica che ci educa a cogliere con rigore una verità contingente, e c’è anche un’estetica: la bellezza è anche ordine, armonia, proporzione… E poi c’è l’utilità della matematica, oggi alla base dello sviluppo scientifico e delle sue applicazioni tecnologiche. Oggi la lotta mondiale per la supremazia nella ricerca scientifica punta ad assicurarsi un buon esercito di matematici. Questa è la politica delle potenze emergenti del far east, come la Cina, il Giappone, la Corea del Sud: con notevoli investimenti finanziari per l’istituzione di centri di ricerca e di convegni nel campo della matematica queste nazioni diventano sempre più luoghi di scambi scientifici. Ho partecipato recentemente ad alcuni convegni in Asia e posso testimoniare che l’accoglienza è sempre in pompa magna, con rispetto per le nostre ricerche ma con un’ esplicita volontà di fare meglio. La Cina sta pensando di trasformare una splendida isola del Pacifico in un luogo di ricerca permanente“.
Nel Novecento l’Europa perse il proprio primato scientifico anche a causa del nazismo e del comunismo, che fecero fuggire in America i migliori cervelli. E oggi?
“Una lettura storica è forse più complessa di quella riassunta nella domanda: le leggi razziali del fascismo e del razzismo fecero indubbiamente fuggire alcuni tra i migliori nostri cervelli, anche una politica culturale autarchica ha prodotto molti danni. Oggi in Europa ed anche negli Stati Uniti si possono ripetere errori analoghi, causati da posizioni di rinnovato sapore autarchico. Le potenze asiatiche sopra menzionate da questo punto di vista si muovono molto meglio, e forse anche la Russia. Oggi i miei migliori allievi troverebbero subito una cattedra pagata profumatamente in Asia, mentre qui i finanziamenti alla ricerca crollano. Nel contempo, mentre cercano i nostri cervelli, i cinesi richiamano dagli USA i loro connazionali fuggiti durante la rivoluzione culturale. Come detto sopra non c’è solo una lotta per l’egemonia politica ed economica, nel mondo, ma anche per quella culturale, scientifica”.
Intervista cura di Francesco Agnoli, apparsa su La verità dell’8 luglio 2018