George Boole (1815-1864): filosofia e teologia dell’inventore dell’algebra Booleana

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George Boole (1815-1864), definito da Bertrand Russell “il padre della matematica pura”, pioniere della logica matematica, è l’inventore dell’algebra Booleana alla base dell’aritmetica dei moderni calcolatori.

Boole nasce a Lincoln nel 1815, in una famiglia di stretti osservanti della Low Church che istillano nel figlio una fede molto forte, al punto che il giovane Boole, se non gli mancassero i mezzi economici, vorrebbe divenire pastore della chiesa anglicana. Studia da autodidatta il greco, il latino, il tedesco, l’italiano, il francese e la teologia. Il padre, calzolaio, gli insegna i rudimenti di meccanica e di ottica; a 17 anni comincia lo studio della matematica e si convince che le proposizioni della logica si possano esprimere in termini algebrici. Sposa Mary Everest, da cui avrà cinque figlie con cui si comporterà sempre come un padre esemplare.

Boole vive con profonda drammaticità lo scontro in atto ai suoi tempi, nel suo paese, tra irlandesi e inglesi. Come insegnante di matematica al Queen’s College di Cork, in Irlanda, scommette parte della sua carriera sulla possibilità della pacificazione tra gioventù cattolica e gioventù protestante, e non esita ad impegnarsi nel sociale, ad esempio adoperandosi per combattere la prostituzione e per migliorare le condizioni di vita e lavoro delle classi meno agiate […]

Ama passeggiare in mezzo alla natura, per trarne motivo di lode al Creatore; “legge nel cielo stellato una luminosa manifestazione di ordine“; scrive poesie religiose, predilige la Divina Commedia e frequenta varie cerimonie liturgiche, presso le diverse chiese cristiane dell’epoca, soprattutto se può godersi preghiere cantate e musica […]

È convinto che non si debba confondere, come fanno i panteisti, la natura con la Mente Divina creatrice, e ritiene la matematica non un’ invenzione umana, ma la “trascrizione della mente di Dio“. Tutta la sua passione per la matematica e per la logica nasce dalla certezza che tutto lo scibile sia espressione di un unico Ente, un “Uno” che contemporaneamente si trova alla base della creazione e a fondamento del pensiero umano.

È grazie a questo approccio religioso che Boole getta le basi di una nuova logica formale, secondo lui adeguata della splendida unitarietà dell’universo. Paradossalmente, nota Dan Cohen, «quella logica simbolica che è oggi uno strumento essenziale per i filosofi secolari e che offre la base del funzionamento di freddi e insensibili computer, ha avuto il suo inizio nella mente di un passionale idealista con la mania della religione».

Infatti per il matematico inglese, lo studio della mente e della riflessione forniranno le basi tanto per una poesia genuina, quanto per la ricezione e l’apprezzamento delle verità religiose. Boole è certo che un’approfondita indagine della mente umana conduca alla constatazione di fondamentali verità metafisiche, come l’immortalità dell’anima e l’esistenza di un piano divino invisibile ai nostri sensi materiali.

Se il teologo Paley sfruttava la perfezione dell’occhio umano, o quella del guscio del nautilo, per arrivare a Dio, Boole indica gli elementi basilari della nostra coscienza, come la nozione innata dell’Unità nella mente umana, come prova di un Creatore divino e benefico. La mente umana è l’apice più luminoso della creazione di un essere superiore; dunque, puntare gli occhi all’interno di noi stessi ci porterà certamente a guardare verso l’esistenza di Dio all’esterno di noi. Nel suo celebre Indagine sulle leggi del pensiero Boole parla delle “moltissime prove” dell’esistenza di un disegno intelligente e di un garante dell’ordine morale del mondo… Quanto alle possibilità dell’intelletto umano, Boole crede che “per i nostri poteri finiti un progresso ad infinitum è impossibile.

Ma benchè non possiamo comprendere l’infinito, possono esserci addirittura ragioni scientifiche per credere che la natura umana è costituita in modo da avere una certa relazione con l’Infinito“.

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Da: Francesco Agnoli, Il misticismo dei matematici, Cantagalli, 2017