Albert Einstein: relatività e relativismo

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Si legge spesso, in manuali di storia, o di letteratura, che la relatività di Einstein avrebbe rafforzato e dato ragione del relativismo, inteso in senso filosofico e  morale.

Einstein, dinnani a simili affermazioni, sarebbe inorridito.

 

Ricorda Paolo Musso: “la relatività non è affatto una teoria del relativo, ma piuttosto dell’assoluto. Infatti la relativizzazione dello spazio e del tempo […] da cui essa ha preso il nome fu solo il prezzo che si dovette pagare per giungere ad una ben più fondamentale unificazione, dimostrando l’invarianza (cioè, appunto, l’assolutezza) delle leggi di natura per tutti i fenomeni e per tutti i sistemi di riferimento” (Paolo Musso, La scienza e l’idea di ragione. Scienza, filosofia e religione da Galileo ai buchi neri e oltre, Mimesis, Varese, 2001, p. 263).

W. Isaacson, in Einstein. La sua vita, il suo universo, Mondadori, Milano, 2008, p. 9, scrive: “Alla base di tutte le sue teorie, e anche della relatività, c’era una ricerca di invarianti, di certezze, di assoluti. Soggiacente alle leggi dell’universo, secondo Einstein, c’era una realtà armoniosa, e lo scopo della scienza era scoprirla”. E a p. 270: “Einstein si sarebbe scandalizzato. e più tardi lo fu, della sovrapposizione di relatività e relativismo. Come si è detto, aveva pensato di chiamare la sua creazione teoria dell’ ‘invarianza’, poiché le leggi fisiche dello spaziotempo unificato, secondo la sua teoria, erano appunto invarianti piuttosto che relative. Inoltre non era un relativista in fatto di moralità né in fatto di gusto”. Anzi, secondo Isaiah Berlin, il relativismoera l’opposto di ciò che pensava Einstein, il quale era uomo di convinzioni morali semplici e assolute”.

Identica l’ opinione del fisico Max Jammer, il quale riporta il parere di scienziati amici di Einstein: “Moreover, mathematician Felix Klein and physicist Arnold Sommerfeld suggested that the name “theory of relativity” should be replaced by “theory of invariants” because the theory is merely a theory of the invariants of the Lorentz transformation or, in the case of general relativity, of a more general transformation. “The term ‘theory of relativity’ is an unfortunate choice,” wrote Sommerfeld, “its essence is not the relativity of space and time but rather the independence of the laws of nature from the viewpoint of the observer. The bad name has misled the public to believe that the theory involves a relativity of ethical conceptions, somehow like Nietzsche’s Beyond Good and Evil.” In fact Einstein never made these associations with relativity, nor was he the first to use the term relativity in physics…” (M. Jammer, Einstein and Religion: Physics and Theology, Princeton University press, Princeton, 1999, p. 21-22).

Una curiosità: anche Benito Mussolini, nel 1921, crede opportuno dare una lettura “fascista” della relatività di Einstein.

Dimostrando di non aver compreso nulla di essa, come la maggior parte dei suoi contemporanei e di molti ancora oggi, ma di essere un personaggio pragmatico e duttile. Di qui il suo articolo, Relativismo e fascismo, in cui scrive:

“Se per relativismo deve intendersi il dispregio delle categorie fisse per gli uomini che si credono portatori di una verità obiettiva immortale, per gli statici [sic!] che si adagiano, invece che tormentarsi e rinnovellarsi incessantemente, per quanti si vantano di essere sempre uguali a se stessi, niente è più relativistico della mentalità e dell’attività fascista” (Il popolo d’Italia, 22/11/1921).

Sotto Max Planck spiega il rapporto tra relatività e Assoluto:

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