Da alcuni anni Giovanni Fornero, studioso del pensiero novecentesco e coautore del manuale di filosofia attualmente più diffuso nel nostro paese (l’ “Abbagnano-Fornero” su cui hanno studiato e studiano numerosi allievi, da generazioni), si dedica a quello che è forse il più grande campo di battaglia filosofico e teologico della contemporaneità: la bioetica. Autore di “Bioetica cattolica e bioetica laica”, nel 2005, e di “Laicità debole e laicità forte”, nel 2008, Fornero torna sull’argomento con un nuovo libro, “Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto”, nel 2012.
Trecentosessanta pagine dense, in cui trovano spazio puntualizzazioni, risposte alle obiezioni sollevate in questi anni da vari autori…, precedute da una inquadratura storica del laico Maurizio Mori, sulle posizioni bioetiche del mondo cattolico negli ultimi cinquant’anni. Se in epoca conciliare e post conciliare, argomenta Mori, lo scontro evangelico tra Chiesa e “mondo” sembrava destinato
a scomparire (in nome di un irenismo alla ricerca di una “convergenza ideale” tra pensiero cattolico e pensiero laico), l’ “Humanae vitae” prima e l’ “Evangelium vitae” poi, connesse con i grandi dibattiti sull’aborto e la fecondazione artificiale, hanno dimostrato “la realtà di una divergenza” insanabile tra pensiero cattolico e pensiero laico.
Questa divergenza, visibile ogni giorno nel dibattito concreto sui fatti di cronaca e sulle leggi, prosegue Fornero, fa capo non ad una contrapposizione tra fideisti e dogmatici (i cattolici) e razionalisti (i laici), ma a “due paradigmi, ossia modelli generali di pensiero caratterizzati da talune idee-guida strutturalmente diverse”, rispetto a cui ogni “pragmatismo spicciolo” e ogni “neutralità ideologica” risultano, onestamente, impraticabili.
Quali sono dunque i fondamenti su cui poggia la bioetica “cattolica”? Per rispondere a questa domanda l’autore parte da una premessa: cattolica è, per antonomasia, la posizione etica espressa in documenti magisteriali come le due encicliche citate, o in manuali in organica sintonia con essi, come quello del cardinal Elio Sgreccia.
Questo non in nome di un principio di autorità di puro potere (è ufficiale e cattolica la posizione di chi “comanda”, di chi è cardinale ecc), ma in nome della “cosa stessa”. E’ infatti innegabile, per Fornero, che la posizione del magistero dimostri una coerenza di ragione e di fede che non possiedono invece le varie “interpolazioni” di quanti, pur di introdurre una qualche eccezione al principio non negoziabile della sacralità della vita, sostengono l’esistenza di posizioni intermedie ed equivoche, che non sarebbe corretto definire “cattoliche”. Identificata dunque come punto di riferimento per inquadrare la bioetica cattolica la voce del magistero, Fornero indica i presupposti razionali e filosofici di una bioetica coerente ad una metafisica trascendente.
E afferma così che i cardini di una vera bioetica cattolica sono il riconoscimento di Dio, della creaturalità dell’essere, della sacralità e dell’indisponibilità della vita; il primato della verità sulla libertà; l’esistenza di un progetto di Dio, di una legge morale, di norme etiche assolute e di atti intrinsecamente malvagi….
Quali, invece, i fondamenti della bioetica laica, che può essere giustamente riunita in una grande categoria unitaria, dal momento che le varie bioetiche laiche sono in ultima analisi accomunate “da un’aria di famiglia”? Anche in questo caso Fornero identifica i fondamenti, evidenziando che i bioeticisti laici non credono nell’esistenza e/o nella conoscibilità di Dio e di conseguenza negano la creaturalità dell’uomo, il valore trascendente della persona, l’esistenza di una legge eterna e di una legge morale naturale… sino a considerare l’uomo “signore della vita e della morte, cioè l’ente cui spetta decidere se, come e quando la vita può iniziare o finire”, cioè sino a giustificare pratiche anti-vita come l’aborto e l’eutanasia.
C’è possibilità di una mediazione tra due visioni così opposte? Fornero traccia un articolata panoramica delle varie ipotesi di superamento dei contrasti. Tuttavia descrive anche le differenze “inequivocabili” e insuperabili fra le due antropologie di base che si contendono il campo della bioetica contemporanea.