Si sente spesso dire che “le ricerche scientifiche non dimostrano che esista alcun problema per un bambino a crescere senza padre o senza madre, con due maschi o due femmine...”. Così, tirando il ballo la parola “scienza”, si vorrebbe confinare nel territorio dell’irrazionalità coloro secondo i quali padre e madre sono necessari al benessere psico-fisico di ogni creatura.
Ma queste ricerche “scientifiche”, sono davvero tali?
In verità la ricerca psicologica non è mai scientifica in senso pieno perché si applica non ad un oggetto semplice (un sasso, una piuma), ma ad un soggetto complesso, una persona, che è anima, corpo; perché ciò che viene indagato, la felicità, il benessere psichico, è escluso a priori dall’indagine scientifica di tipo galileiano, in quanto né misurabile né quantificabile. Infatti mentre di un oggetto possiamo dire quanto pesa e quale sarà il suo comportamento in una determinata circostanza, non potremo mai fare lo stesso per una persona umana, dotata di libertà.
A tutto ciò si aggiunga il grave dubbio che grava sulle ricerche che dimostrerebbero l’assenza di danni psicologici ai bambini senza madre o padre. E’ stato notato da più parti che “i campioni sono prevalentemente di comodo, composti da membri militanti di organizzazioni omosessuali, quasi inesistenti le ricerche longitudinali, l’età dei figli raramente raggiunge la giovinezza, età in cui emerge con più evidenza il tema identitario. Per non parlare poi di domande del tipo “cosa si intende per benessere del bambino?”, “come si misura?”” (Eugenia Scabini, Facoltà di Psicologia dell’Università cattolica di Milano).
Se si vuole veramente tirare in ballo la scienza, quella vera, occorre fare come ci ha insegnato Galileo Galilei.
La prima cosa che ha detto è che dobbiamo partire dalla lettura della realtà: “la filosofia naturale è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, io dico l’universo…” (Il Saggiatore)
Cosa significa che l’universo è un libro? Che l’uomo deve leggere la realtà, osservarla oggettivamente, per quanto possibile. L’uomo legge, non scrive: legge ciò che c’è scritto, non inventa. Per Galilei occorre fiducia nella possibilità della ragione di trovare la verità dentro l’esperienza, interrogando i corpi, le “sustanze naturali”, per comprenderne l’ordine oggettivo. Ebbene la realtà, interrogata, cosa ci dice? Che i gameti sono 2, ovuli e spermatozoi, prodotti gli uni dalle donne, gli altri dagli uomini. E quanti sono i cromosomi sessuali? X e Y, cioè 2. Quanti gli organi genitali? Ancora 2. E quale è la caratteristica dei 2 apparati riproduttivi che esistono nella natura umana? Che ognuno di essi, per operare, per raggiungere il suo fine, cioè la riproduzione, ha bisogno di un altro apparato, complementare e diverso.
La biologia non ha alcun dubbio: esistono maschi e femmine ed ogni persona, per nascere, ha bisogno dell’apporto biologico di entrambi. Il discorso dovrebbe già essere chiuso, perchè il dato biologico è una certezza, mentre quello psicologico, come abbiamo visto, no.
Ma proseguiamo, e proviamo ad utilizzare il metodo galileiano nel dibattito sull’utero in affitto. Come risponderebbe uno scienziato galileiano a coloro che affermano che “l’amore è l’amore”, “Love is love”, per cui ognuno ha il diritto di farsi la famiglia che vuole, anche con l’utero in affitto?
Che il compito della scienza non è “tentar l’essenza” (cioè decidere filosoficamente cosa sia l’amore), né ricavare, da una definizione a priori, le conseguenze, ma l’esatto contrario. In altre parole: io non so dirti, a priori, cosa sia l’amore, ma so dirti, da scienziato, tante piccole cose, tante piccole verità, oggettive, inconfutabili, certe, che possono aiutarmi a capire la verità della generazione umana.
Ebbene la ragione umana, indagando la natura umana, non scopre solo che ogni uomo nasce da un ovulo femminile e da uno spermatozoo maschile.
Scopre anche che nella gestazione esiste: 1) un rapporto materno fetale, di tipo biochimico e psichico; 2) che il contatto “pelle a pelle” tra madre e bambino, subito dopo il parto è fondato scientificamente perché produce effetti corporali misurabili; 3) che il latte della madre è l’alimento migliore possibile per un neonato.
Vediamo il primo punto: il rapporto materno fetale. Il neonatologo Carlo Bellieni in Godersi la gravidanza lo spiega così: “il bambino annidato nell’utero comunica ed interagisce con la madre, ne modifica il ritmo e le abitudini di vita, influenza i gusti… La psiche materna reagisce coscientemente e incoscientemente in funzione di quello che è l’essere umano concepito…”. Madre e figlio vivono dunque in simbiosi, e si influenzano a vicenda. Così anche il ginecologo Carlo Flamigni, membro della Uaar, l’associazione atei e agnostici razionalisti, l’unico del Comitato nazionale di bioetica ad essersi schierato pro utero in affitto, in Avere un bambino: “Il bambino prima della nascita è strettamente legato alle esperienze fisiche, mentali ed emotive della madre”, e viceversa.
Ciò significa che non esiste la possibilità di un non coinvolgimento della madre gestazionale con ciò che le accade, cioè con se stessa e il bambino; e neppure esiste la possibilità che il bambino non crei un legame profondo con colei che lo nutre e lo accoglie.
Il fatto che l’utero in affitto sia normato, in paesi in cui è un business come la California, o rigidamente controllato, in cliniche simili a prigioni, in cui le donne sono tenute sotto sorveglianza, nei paesi come l’India o l’Ucraina, dimostra ad abundantiam che il timore di chi affitta e di chi pratica la mediazione è ben fondato: le madri gestanti rischiano di avere forti crisi, e quindi, talora, di desiderare il ricorso all’aborto, per un figlio che sentono nel contempo loro e non loro (perchè già venduto); oppure di voler tenere quel bambino, dopo i nove mesi, avendo imparato a percepirlo come “proprio”; oppure di avere delle pesanti reazioni emotive in seguito alla sottrazione del bimbo partorito e del legame che si è con lui inevitabilmente.
2) Andiamo al secondo punto: il contatto pelle a pelle. Susan Lungdinton, pediatra negli Usa, riassume così, in un video in rete, lo status delle nostre conoscenze in merito: “Oggi sappiamo che il metodo del contatto pelle a pelle è il secondo miglior metodo di cura per tutti i bambini, dopo l’allattamento al seno, perchè quando i bambini sono a contatto di pelle con la mamma questo consente di regolare il loro respiro, riduce gli episodi di apnea del bambino del 75 per cento, il battito del cuore è più stabile, il flusso sanguigno al cervello pure; inoltre il bambino ha un livello di stress inferiore; venti minuti di contatto pelle a pelle riducono i livelli di stress del 67 per cento (quando i bambini hanno alti livelli di stress il loro sistema immunitario ne risente e hanno più probabilità di avere infezioni); il contatto pelle a pelle fa aumentare di peso più velocemente, produce migliori livelli di ormoni che aiutano ad assorbire il nutrimento e regolano il metabolismo dei bambini…”.
In altre parole il contatto pelle a pelle genera un benessere misurabile sceintificamente! Questo benessere è legato appunto alla natura del rapporto simbiotico, non solo mamma-feto, ma anche mamma-neonato!
3) Andiamo al terzo punto: l’allattamento. Oggi l’allattamento materno è incentivato in ogni modo, prima nei corsi pre-parto, poi all’ospedale, per due motivi, uno di tipo fisico, biologico, e uno di tipo psichico. Il latte materno, infatti, è il nutrimento più ricco e migliore per il bambino, e contiene non solo i nutrienti necessari per la sua crescita, ma anche anticorpi, ormoni materni, e sostanze in genere che fortificano il sistema immunitario; inoltre è un momento di contatto anche psicologico tra il bambino (che lo cerca “per riflesso naturale”) e la madre che prosegue, in altro modo, quello più forte e totalizzante presente in gravidanza. Così un depliant del Ministero della Salute italiano: “Allattare al seno è prima di tutto un gesto d’amore. E’ il modo più naturale per continuare quel rapporto speciale e unico che si è creato tra te e tuo figlio durante la gravidanza. E’ un momento ricco di emozioni, che crea un legame intenso, aiutando te e il tuo piccolo a conoscervi e a crescere. Il tuo latte è il migliore alimento per il tuo bambino: lo nutre in modo completo e lo protegge da molte malattie e infezioni…”. Il già citato Carlo Flamigni nota che l’allattamento “migliora la relazione tra madre e bambino, consentendo un miglior sviluppo neurologico e intellettivo del nuovo nato”.
E’ per tutto questo (rapporto materno-fetale, contatto pelle a pelle e allattamento), che nei contratti di utero in affitto è previsto che il bambino appena partorito sia staccato immediatamente dalla madre o che ella stia al massimo un’ora con il neonato: la prima cosa da fare, per tentare di combattere la natura, è recidere un legame intensissimo, scientificamente dimostrato, e che è dunque impossibile dichiarare ininfluente e non necessario, per ragioni ideologiche e di mercato.
Un bambino privato della madre genetica e gestazionale, in conclusione, è un bambino a cui vengono sottratti il più intenso rapporto psico-fisico che egli abbia mai sperimentato e che forse sperimenterà mai (la gravidanza) e importantissimi momenti di maturazione psico-fisica (il contatto pelle a pelle e l’allattamento); per non parlare del fatto che a quel bambino verrà negata una presenza che il semplice buon senso riconosce importante, nel corso della vita, come lo è stato nel suo principio.
Quanto alla madre, sottrarle il figlio cresciuto nel grembo, è un gesto di inaudita crudeltà, perchè, come insegna la scienza sperimentale, una madre non è un freddo contenitore, ma protagonista attivo, nel corpo e nella psiche, della nascita e della crescita del suo bambino.
Non resta che concludere citando il celeberrimo studio, L’errore di Cartesio (Adelphi), del neuroscienziato Antonio R. Damasio. Vi è esposta quella che è ormai una certezza dimostrata da neurobiologia, neuroanatomia, neurofisiologia, neurochimica…: è impossibile, nell’essere umano, scindere nettamente anima e corpo, mente e cervello, carne e pensiero. Tutto ciò che accade a livello fisico, ha una ridondanza sulla psiche, e tutto ciò che accade a livello psichico, ha un riflesso sul corpo, essendo noi “anime incarnate” e “corpi animati”. Così il legame tra madre e figlio nell’utero è, anch’esso, psico-fisico, cioè totale: ancora una volta, non si può fingere che la madre sia un semplice contenitore e il figlio un semplice contenuto.
Articolo comparso sul quotidiano La Verità