Nella prima metà del Settecento, il mondo scientifico europeo è in fermento. Diverse discipline richiedono una revisione e rigorizzazione metodologica: l’analisi infinitesimale e l’algebra, la meccanica razionale, l’idrodinamica, il calcolo delle probabilità da un lato, la fisica sperimentale (il cui sviluppo è intimamente legato alla costruzione di nuovi strumenti scientifici) e la chimica dall’altro. La principale spinta propulsiva alla scienza settecentesca venne dallo sviluppo del calcolo infinitesimale, che ebbe origine nell’ultimo scorcio del secolo XVII con le ricerche di Newton e Leibniz. I maggiori ricercatori in tale ambito furono il torinese Lagrange, gli svizzeri Jakob e Johann Bernoulli, ed Eulero
che nel 1748 pubblicava a Losanna la Introductio in analysin infinitorum, prima parte di un vasto progetto di sistemazione teorica e didattica del calcolo infinitesimale cui sarebbero seguite nel 1755 a Berlino le Institutiones calculi differentialis e a Pietroburgo, tra il 1768 e il 1770, le Institutiones calculi integralis, in tre volumi.
In questo panorama generale si distingue il contributo di Maria Gaetana Agnesi, donna di vasta cultura, matematica molto nota in tutta l’Europa dell’epoca, che nel 1748 scrisse un trattato di analisi algebrica e calcolo infinitesimale di 1000 pagine in due tomi, le Istituzioni Analitiche, nel quale è inoltre studiata una curva che ha preso il suo nome. Alla pubblicazione di quest’opera si deve lo sviluppo e l’espansione degli studi di analisi in Italia. Sebbene scomparsa nel 1799, il profilo di Maria Gaetana Agnesi, fra le prime e più importanti donne dedicatesi alla matematica con risultati di prestigio internazionale, ci suggerisce di presentarla in questa rubrica, abitualmente dedicata a scienziati credenti dei secoli XIX e XX.
Maria Gaetana nacque a Milano il 16 maggio 1718, figlia di Pietro Agnesi, feudatario di Montevecchia, e della sua prima moglie Anna Brivio; venne battezzata nella parrocchia dei SS. Apostoli e Nazaro Maggiore il 23 maggio dal curato Giulio Ottavio Buzzi. La ricchezza assicurata dagli investimenti nell’industria della seta permisero a suo padre, Pietro Agnesi, di provvedere alla solida educazione dei suoi figli e all’ organizzazione fra le mura domestiche di incontri e seminari, su temi che spaziavano dalla filosofia alla matematica. Una delle sorelle di Maria Gaetana, Maria Teresa, fu nota compositrice, librettista e clavicembalista dell’epoca, ed è oggi commemorata da una targa nel museo teatrale alla Scala di Milano. Maria Gaetana dimostrò una precoce padronanza delle lingue classiche. Tale formazione umanistica va ricondotta agli ottimi maestri che visitavano casa Agnesi: l’avvocato Ludovico Voigt, professore delle Scuole Palatine a Milano, che le insegnò il Greco e il Tedesco, e l’Abate Gerolamo Tagliazucchi, letterato e grecista, professore dell’Università di Torino.
All’età di nove anni, la Agnesi recitò a memoria un’opera da lei stessa tradotta in latino dall’originale in italiano scritta dal suo istitutore, l’abate Niccolò Gemelli: l’Oratio qua ostenditur artium liberalium studia a femineo sexu neutiquam abhorrere (Milano, In Curia Regia, 1727) ovvero l’Orazione nella quale si dimostra che lo studio delle arti liberali non è affatto disdicevole al sesso femminile. Tale orazione ebbe luogo in un intrattenimento accademico tenuto nel giardino di casa il 18 agosto 1727.
Il tema dell’orazione era molto dibattuto in quegli anni. Nel diciottesimo secolo, infatti, l’istruzione femminile era ancora poco diffusa, soprattutto per quanto riguarda le materie scientifiche. Solo le donne appartenenti ad un elevato ceto sociale avevano la possibilità di studiare le basi della matematica, studio incoraggiato – in parte – per avere una conoscenza sufficiente da poterne discutere se l’argomento si fosse presentato in qualche conversazione salottiera. A tale scopo furono scritti una serie di manuali per aiutare le giovani a conoscere gli ultimi sviluppi della scienza. Francesco Algarotti fu autore del Newtonianismo per le dame (1737), in cui cercò di spiegare le scoperte di Newton attraverso un dialogo galante tra una marchesa e il suo interlocutore. Per esempio quando l’interlocutore presenta la legge dell’attrazione gravitazionale che è proporzionale all’inverso del quadrato della distanza, la marchesa dà di questa fondamentale legge fisica una sua particolare interpretazione: «Io credo che anco nell’Amore si serbi questa proporzione de’ quadrati delle distanze de’ luoghi, o più tosto de’ tempi. Così dopo 8 giorni di assenza, l’amore è divenuto 64 volte minore di quel che fosse nel primo giorno».
Tuttavia, oltre allo studio delle lingue, la Agnesi ricevette anche una solida formazione scientifica, da lei stessa cercata e approfondita. Francesco Manara, sacerdote e professore di fisica sperimentale all’università di Pavia, insieme con Michele Casati, anche’egli sacerdote e insegnante all’università di Torino, furono i professori universitari frequentatori di casa Agnesi; a partire dal 1733 guidarono Maria Gaetana nel percorso filosofico e scientifico, affiancando la collaborazione – per certi versi assai più importante – del conte Carlo Belloni, filosofo e matematico di Pavia, il quale seppe riconoscere le potenzialità di Maria Gaetana e trasmetterle la passione per la ricerca. Lo scambio epistolare tra il Belloni e l’Agnesi documenta bene l’intensità del rapporto umano e l’ampiezza delle questioni scientifiche coinvolte.
I suoi interessi fisico-matematici, profondamente radicati nella sua esigenza di chiarezza e rigore intellettuale, portarono Maria Gaetana alla pubblicazione nel 1738, delle Propositione philosophicae, determinando poi la sua completa adesione agli studi matematici dopo il 1739. Le Propositiones philosophicae quas crebris disputationibus domi habitis coram clarissimis viris explicabat extempore et ab objectis vindicabat Maria Cajetana de Agnesiis mediolanensis sono 191 tesi che la Agnesi difese durante uno dei seminari informali presso la sua casa di Milano. L’opera, dedicata al conte Carlo Belloni, comincia con una breve introduzione sulla storia della filosofia (Prolegomena) nella quale è contenuto un passo che, entro la convenzionale ascrizione del sapere matematico ad una filosofia onnicomprensiva, rivela tuttavia la disposizione dell’Agnesi verso il carattere etico della matematica: «Le discipline matematiche devono essere ascritte a parti della filosofia, discipline che a buon diritto rivendicano per sé, in confronto alle altre, il nome di scienza, poiché con fondata certezza ci conducono a raggiungere la verità e a contemplarla, della qual cosa niente è più piacevole».
Con un approccio di carattere enciclopedico seguono poi le tesi: le prime riguardano la logica, l’ontologia e la pneumatologia; successivamente le tesi di fisica generale, quali la meccanica dei gravi, la statica, l’idrostatica, l’idrodinamica, l’idraulica; poi le tesi di fisica particolare come il moto dei corpi celesti e la meteorologia; infine uno studio su piante, minerali, animali e la parte animale dell’uomo.
Le Propositiones non presentano parti di assoluta originalità teoretica, ma indubbiamente sono un’opera di valore per la vasta preparazione che testimoniano. L’originalità emergeva dal vivo nella difesa delle tesi durante gli incontri domestici a casa Agnesi. Il diplomatico francese Charles De Brosses, invitato da Pietro Agnesi a Milano nel luglio 1739, ne dà testimonianza nelle sue Lettres familières écrites d’Italie en 1739 et 1740 par Ch. de Brosses (a cura di R. Colomb, I, Paris 1904). Vi leggiamo questi ricordi: «Torno ora dalla casa della Signora Agnesi, dove ieri vi avevo detto che dovevo andare. Mi hanno fatto entrare in un salone grande e bello, dove c’erano trenta persone di tutte le nazioni d’Europa disposte in circolo, e la signorina Agnesi seduta con la sorellina su un canapé. È una fanciulla tra i 18 e i 20 anni, con un’aria molto semplice e dolce. Andando lì, mi aspettavo che si trattasse soltanto di una comuna conversazione con la signorina; invece il conte Belloni, che mi accompagnava, ha voluto fare una specie di pubblica esibizione; ha cominciato rivolgendo alla ragazza una bella arringa in latino, in modo da essere inteso da tutti. Lei gli ha risposto sull’origine delle sorgenti e sulle cause del flusso e riflusso che si manifesta in alcune di esse come nel mare. La fanciulla parlò su questo argomento come un angelo. Terminato questo episodio, il conte Belloni mi ha pregato di disputare allo stesso modo con lei su qualunque argomento mi piacesse, purché fosse un tema filosofico o matematico. Sono rimasto un po’ perplesso, vedendo che dovevo improvvisare un discorso e parlare per un’ora in una lingua che mi è poco familiare. Tuttavia, senza badare troppo al valore di quello che dicevo, le ho fatto un bel complimento; poi abbiamo discusso, dapprima sul modo in cui l’anima può essere colpita dagli oggetti fisici e comunicarli agli organi del cervello, e quindi sulla emanazione dei corpi e sulle proprietà di certe curve geometriche, di cui non ho compreso nulla. Ha parlato a meraviglia su tutti questi argomenti, dei quali certamente non era preavvertita più di quanto non lo fossimo noi. È fanatica della filosofia di Newton, ed è cosa straordinaria vedere una persona della sua età intendere così profondamente temi tanto astratti. Ma, per quanto mi possa aver stupito la sua dottrina, più ancora mi stupì sentirla parlare in latino (lingua della quale certamente non fa un uso continuo) con tanta purezza, facilità e correttezza che posso dire di non aver mai letto un libro latino moderno scritto in uno stile così perfetto come i suoi discorsi. Dopo che ebbe risposto a Loppin, ci alzammo, e la discussione divenne generale. Ogni persona le parlava nella lingua del suo paese, ed ella rispondeva a ciascuno nella sua lingua. Mi disse che le dispiaceva molto se la visita aveva preso la forma di una discussione teorica; che a lei non piaceva affatto parlare di simili cose in mezzo ad una compagnia dove, per uno che se ne appassiona, venti si annoiano, e che la cosa aveva senso soltanto se fatta tra due o tre persone con gli stessi gusti. Questo discorso mi parve altrettanto sensato quanto i precedenti». Da tale testimonianza si evince il rifiuto da parte della Agnesi di una scienza ridotta a materia di intrattenimento sociale. Ella era consapevole del contrasto tra un serio impegno scientifico (“la discussione teorica”) e il contesto accademico salottiero (“per uno che se ne appassiona, venti si annoiano”).
La Agnesi produsse il massimo sforzo teso ad appropriarsi delle conquiste dell’analisi matematica. La sua educazione matematica si svolse alla confluenza delle linee di ricerca allora più moderne in Italia, ovvero tra Milano, Bologna e Pavia. Guidò gli studi matematici di Maria Gaetana l’olivetano padre Ramiro Rampinelli. Quest’ultimo la mise in contatto con i vertici del pensiero matematico italiano di allora (come testimonia la lettera che Jacopo e Giordano Ricati scrissero al Rampinelli il 19 agosto 1745 per lodare i progressi di Maria Gaetana nei suoi lavori di geometria), e probabilmente si deve anche al Rampinelli l’aggregazione della Agnesi all’Accademia delle Scienze di Bologna.
Un altro allievo del Rampinelli, l’astronomo e matematico Paolo Frisi, ricorda il lavoro della Agnesi nel suo “Elogio di Bonaventura Cavalieri”. «Il primo getto del calcolo era propriamente del Geometra Milanese: com’è pure in Milano, che tutte le scoperte Analitiche di quei tempi, e degli altri a noi più vicini sono state elegantemente descritte da una penna muliebre, legate insieme, e ridotte alla maggiore chiarezza e semplicità». La “penna muliebre” è quella della Agnesi, che nel 1748 pubblica la sua opera maggiore: Istituzioni Analitiche ad uso della gioventù italiana. Le Istituzioni furono stampate grazie allo stampatore Richini che trasse da quei mesi di lavoro un’esperienza utile nell’allora difficile resa tipografica dei trattati matematici (ricchi di formule, diagrammi, ecc.), messa poi a frutto in altre edizioni.
Le Istituzioni sono il frutto dello studio della Agnesi dei trattati matematici di algebra e geometria dei più importanti matematici europei dell’epoca. Il suo intento fu quello di sviluppare uno studio sistematico in cui potessero essere coerentemente inquadrati gli innumerevoli risultati conseguiti nel campo del calcolo infinitesimale, nel corso dei decenni precedenti. L’opera è dedicata a Maria Teresa d’Austria. Nell’Introduzione, l’Autrice si rivolge al lettore spiegando le motivazioni del suo lavoro: «Non avvi alcuno, il quale informato delle Matematiche cose, non sappia altresì quanto, in oggi spezialmente, sia necessario lo studio dell’Analisi, e quali progressi si sieno con questa fatti, si facciano tuttora, e possano sperarli nell’avvenire; che però non voglio, né debbo trattenermi qui in lodando quella scienza, che punto non ne abbisogna, e molto meno da me. Ma quanto è chiara la necessità di lei, onde la Gioventù ardentemente s’invoglj di farne acquisto, grandi altrettanto sono le difficoltà, che vi s’incontrano, sendo noto, e fuor di dubbio, che ogni Città, almeno nella nostra Italia, ha persone che sappiano o vogliano insegnarla, e non tutti hanno modo di andar fuori della Patria a cercare i Maestri. […] Sembrerà forse affatto inutile, che compariscano queste mie Instituzioni, avendo altri già da molto tempo così largamente provveduto all’altrui bisogno. Ma su questo punto io prego il cortese Lettore a riflettere, che crescendo le scienze di giorno in giorno, dopo l’edizione del lodato libro moltissimi, ed importantissimi sono stati i nuovi ritrovamenti inseriti dai loro Autori in diverse opere, come era succeduto degli anteriori; quindi per iscemare agli Studiosi la fatica di andare fra tanti libri ripescando i metodi di recente invenzione, mi sembravano utilissime, e necessarie nuove Instituzioni di Analisi. Le nuove scoperte m’hanno obbligata ad un’altra disposizione di cose, e ben fa chi pon mano in sì fatte materie, quanto sia difficile il ritrovare quella, che sia dotata della dovuta chiarezza e semplicità, omettendo tutto il superfluo, senza lasciare cosa alcuna, che esser possa utile o necessaria, e che proceda con quell’ordine naturale, in cui forse consiste la miglior istruzione, ed il maggior lume. Questo naturale ordine io ho certamente sempre avuto in vita, e l’ho sommamente procurato, ma non so poi se sarò stata bastantemente fortunata per conseguirlo»
Da questa Introduzione si comprende come la Agnesi abbia coscienza di vivere in una stagione rivoluzionaria dell’analisi, e abbia anche coscienza della disomogeneità della penetrazione in Italia di tale materia. Lo scopo dell’opera è dunque pedagogico. Nello spiegare la scelta di scrivere le Istituzioni in Italiano, e non in Latino come era d’uso per le opere di carattere scientifico, la Agnesi afferma di aver «avuto in mira più che ogni altra cosa la necessaria possibile chiarezza». Ella sottolinea anche come, insieme alla serietà e all’impegno, la ricerca matematica abbia avuto per lei un carattere ludico, di sincera passione: «non intendo io di raccoglier lodi, contenta di essermi con sodo e vero piacere divertita, e di aver procurato di giovare altrui».
L’opera è divisa in quattro libri, distribuiti in due Tomi. Il Libro I occupa l’intero Tomo I e si intitola “Dell’Analisi delle quantità finite”. Esso contiene una iniziale esposizione di Geometria Analitica, alla quale segue la trattazione dell’Algebra e le sue applicazioni a problemi geometrici. I Libri II, III e IV, contenuti nel Tomo II, comprendono l’analisi infinitesimale. Il Libro II, diviso in cinque parti, è dedicato al Calcolo Differenziale. Il Libro III, in quattro Capi, è dedicato al Calcolo Integrale. Il libro IV si intitola “Del Metodo Inverso delle Tangenti” ossia delle equazioni differenziali, ed è diviso in quattro parti. Nel primo tomo, insieme con varie curve classiche, la Agnesi descrive una particolare curva chiamata “versiera”, nome che viene utilizzato ancora oggi per definirla. Si tratta di una curva a forma di campana, che può essere ottenuta seguendo alcuni semplici procedimenti geometrici, mentre in analisi matematica può essere indicata ed espressa con una funzione cubica. La curva era già conosciuta da Fermat e fu studiata, più tardi, da Guido Grandi. All’Agnesi se ne deve la divulgazione.
Le Istituzioni ebbero successo in tutta Europa, in particolare per la chiara esposizione dei temi e l’accuratezza del linguaggio impiegato dalla studiosa milanese, come testimoniano alcune recensioni apparse, a poca distanza dalla stampa dell’opera, su periodici scientifici, come ad esempio quella di Jean-Jacques Dortous de Marain ed Etienne de Montigny pubblicata nel 1749 sui registri dell’Accademia reale delle scienze di Parigi. Le Istituzioni influenzarono notevolmente la tradizione matematica italiana. Giuseppe Luigi Lagrange annoverò il trattato della Agnesi fra le opere sulle quali egli aveva formato la sua cultura scientifica.
Carlo Goldoni, che conobbe la Agnesi e ricevette da lei in dono una copia delle Istituzioni, fa riferimento alla scienziata italiana, testimoniandone la fama internazionale, nella II scena del I atto della commedia “Il Medico olandese” , in cui uno dei personaggi parla di “un certo libro italiano / che tratta delle Analisi, venuto da Milano. (…) con saper profondo / prodotto abbia una donna un sì gran libro al mondo. / È italiana l’autrice, non è olandese / donna illustre, sapiente, che onora il suo paese”.
L’opera fu tradotta in francese e in inglese. La traduzione francese, relativa al secondo tomo, fu condotta da P. Th. Anthelmy e Ch. Bossut, e venne pubblicata a Parigi nel 1775 con il titolo Traités élémentaires de calcul différentiel et de calcul intégral traduits de l’italien de Mademoiselle A., avec des additions. La traduzione inglese fu curata dal matematico John Colson (1680-1760), traduttore e commentatore del De Methodis Serierum et Fluxionum di Isaac Newton, e fu pubblicata postuma, nel 1801, a cura di J. Hellins col titolo Analytical Institutions (London, 1801). Proprio la traduzione di Colson è all’origine di un equivoco sul nome attribuito in inglese alla curva studiata dalla Agnesi, la versiera. L’errore deriva dalla confusione del termine “versiera” con il vocabolo “aversiera” o “avversiera”, che indicava anche “strega”. Colson traducendo in inglese i testi dell’Agnesi, chiamò la curva “Witch of Agnesi”. Nel mondo anglosassone e in diversi altri paesi come Messico e Spagna, la curva è nota ancora oggi come “la strega di Agnesi”.
Il successo dell’opera fu tale che alla Agnesi fu offerto l’insegnamento della matematica all’Università di Bologna da papa Benedetto XIV, che aveva ricevuto in dono una copia dell’opera. Come riporta Francesco Agnoli in un articolo de Il Foglio (16.02.2012), nella lettera di conferimento del 1750, il Papa scrive alla matematica milanese: «Vi esorto a formare delle compagne che vi somiglino; affinché resti ognuno persuaso che voi valete quanto noi, quando volete studiare. L’anima diventa frivola quando non pensa che a nastri, e pennacchi; ma essa è sublime allorché sa meditare». Nel 1750 il senato accademico dell’Università di Bologna decretò la nomina, ma non è chiaro se la Agnesi abbia mai svolto il suo incarico. Tuttavia fu la seconda donna al mondo ad occupare una cattedra universitaria.
Parallelamente alle sue ricerche e al suo lavoro, la Agnesi si occupò sempre di opere di beneficienza di assistenza presso l’ospedale Maggiore di Milano. Dopo la pubblicazione delle Istituzioni, la Agnesi ridusse i suoi studi e la vita pubblica, per dedicarsi ad opere di sostegno nei confronti dei poveri, mostrando un crescente interesse verso la Sacra Scrittura e la teologia. Dopo la morte di suo padre, Pietro Agnesi, avvenuta il 19 marzo del 1752, Maria Gaetana trasformò la sua casa di via Pantano a Milano in un ricovero per bisognosi. Scriveva così in un’occasione: «L’uomo deve sempre operare per un fine, il Cristiano per la gloria di Dio; finora spero che il mio studio sia stato di gloria a Dio, perché giovevole al prossimo ed unito all’obbedienza, essendo tale anche la volontà e genio di mio padre: ora cessando questa, trovo mezzi e modi migliori per servire a Dio e giovare al prossimo, ed a questi devo e voglio appigliarmi». In seguito a cause ereditarie, la Agnesi fu però costretta ad abbandonare la casa paterna, e dopo aver venduto i gioielli che Maria Teresa d’Austria le aveva donato quale ringraziamento per l’omaggio delle Istituzioni, riuscì ad aprire un nuovo ospizio dedicato alla cura dei minorati psichici. In quegli anni, uno dei suoi motti fu: «Un’anima data al servizio di Dio deve essere santamente libera, e non curante dei biasimi non meno che delle lodi».
Nel 1771 venne aperto il Pio Albergo dei Poveri, nel palazzo ristrutturato del principe Trivulzio di Milano. La Agnesi venne chiamata dal cardinale Pozzobonelli a ricoprire l’incarico di direttrice e visitatrice delle donne dell’Istituto. Condivise la vita delle ospiti dell’istituzione, vivendo in semplici locali del Pio Albergo, per i quali pagava l’affitto; si dedicava con le ricoverate anche ai lavori femminili. Spese qui gli ultimi anni della sua vita, nei quali si dedicò inoltre alla stesura di un testo di carattere religioso, Il Cielo mistico, cioé contemplazione delle virtù, dei misteri e delle eccellenze del Nostro Signore Gesù Cristo, nel quale viene illustrato il progressivo avvicinamento di un’anima a Dio mediante la contemplazione della Passione di Cristo.
Le sue giornate erano organizzate in modo tale da poter alternare la vita di preghiera con le opere assistenziali. Come scrive il suo primo biografo, Antonio Francesco Frisi, fratello del matematico Paolo, «alzavasi di buon mattino e portavasi alla vicina Chiesa di S. Antonio de’ PP. Teatini, dando così la precedenza ai tremendi Misteri: ivi spesso conferiva col suo direttore il P. D. Giuseppe Maria Reina, e due volte alla settimana accostavasi a ricevere i Sacramenti della penitenza e della Eucaristia, con tale compostezza e religiosità anco esteriore che riusciva a circostanti di sorprendente edificazione. Visitava sovente il pubblico Spedale, prestando agli infermi i cristiani uffici di un cuore amoroso e compassionevole, colle parole e colle opere. Passava quindi nella propria parrocchia, somministrando ad esse, e ad altre sparse per la Città nei casi più urgenti ogni opportuno conforto. In qualunque stagione non lasciò mai di accompagnare il SS. Viatico agli infermi suoi comparrocchiani. […] Catechizzava le ragazze di prima età, abilitandole con inesprimibile dolcezza ed invincibile pazienza a ricevere i SS. Sacramenti. Visitava nelle Solennità maggiori le sette Chiese Stazionali della Città […]. Soleva procurarsi nelle proprie stanze una o due inferme, presso le quali godeva di esercitare gli uffici di amica, di spedaliera, di ancella e di maestra di spirito; notte e giorno provvedendo ai loro bisogni colle proprie mani».
La Agnesi morì a Milano il 9 gennaio 1799. Nel 1991, ad uno dei crateri del pianeta Venere venne assegnato il nome “Agnesi” in onore della scienziata italiana.
di Federica Volpi, sul DISF
Bibliografia:
M.G. Agnesi, “Istituzioni analitiche ad uso della gioventù italiana”, 2 tomi, Milano 1748 (rist. Nabu Press, Charleston, South Carolina, 2012)
L. Anzoletti, Maria Gaetana Agnesi, Cogliati, Milano, 1900.
A.F. Frisi, Elogio storico di donna Maria Gaetana Agnesi. Ristampa della edizione milanese del 1799 curata e commentata da Arnaldo e Giuseppina Masotti, Scuola Tipografica del Pio Istituto per i Figli della Provvidenza, Milano, 1965.
P. Frisi, Elogi di Galileo Galilei e Bonaventura Cavalieri, Galeazzi, Milano, 1778.
A. Masotti, Maria Gaetana Agnesi, Rendiconti del seminario matematico e fisico di Milano, vol. XIV, 1940.
F. Minonzio, Chiarezza e metodo, l’indagine scientifica di M. G. Agnesi, “Periodico della Società Storica Comense”, vol. LXII, 2000, pag. 47-184, riedito da Lampi di Stampa, Milano 2006
G. Tilche, Maria Gaetana Agnesi, La scienziata santa del Settecento, Rizzoli, Milano, 1984
Relativamente alle Istitutiones segnaliamo:
http://mathematica.sns.it/media/volumi/14/Inst_an_1_bn.pdf
http://mathematica.sns.it/media/volumi/14/Inst_an_2_col.pdf