Se c’è un argomento ignorato dai più è quello che riguarda la storia con cui si arrivò a capire che …la Terra si muove.
Il nostro pianeta appariva agli antichi greci, pesante e goffo, rispetto agli altri. Stava al centro, immobile, non per una maggior dignità, ma al contrario, nel sistema aristotelico-tolemaico, per la sua inferiorità rispetto agli altri pianeti, lisci, perfetti, cristallini, luminosi… e in moto, secondo la figura, perfetta, del cerchio.
Questa idea aveva i suoi perchè: a prima vista la Luna e il Sole appaiono regolari, luminosi, e sembrano in moto. Difficile capire che in verità è la Terra che si muove sul proprio asse (moto di rotazione) a 1600 km all’ora e gira intorno al Sole (moto di rivoluzione), a 30 km al secondo.
Ma chi per primo propose il moto della terra?
I primi furono alcuni greci, come Aristarco di Samo, ma la loro ipotesi fu sconfitta dal parere dei più.
Bisognerà aspettare il Medioevo perchè l’idea comincia a farsi strada.
Il primo personaggio che incontriamo è un vescovo francese, Nicola di Oresme ( 1323-1382).
Egli appartiene alla scuola dei fisici dell’Università di Parigi, l’università di teologia in cui hanno insegnato anche san Tommaso e san Bonaventura. E’ colui che introduce, “sia pur in forma primordiale, l’uso delle coordinate geometriche, secondo il metodo che verrà poi detto cartesiano”.
Nel suo Traictie du ciel et du monde Oresme “sosteneva e provava la possibilità di ammettere il moto diurno della Terra. Se di questa idea della rotazione terrestre non può essere considerato l’iniziatore […], ne è tuttavia il primo vero teorico, avendola mostrata con argomenti che per nettezza e sicurezza vincono quelli poi usati dallo stesso Copernico” (Goffredo Coppola, Guido Calogero, Giorgio Diaz De Santillana, voce Nicola di Oresme, Enciclopedia Italiana; James Jeans, Il cammino della scienza, Cambridge University Press-Bompiani, 1953, p. 167; Ludovico Geymonat, La realtà e il pensiero. La ricerca filosofica e scientifica, vol. I, Garzanti, 2012, p. 620).
Il secondo personaggio a proporre il moto della Terra è un altro Nicola, ed ancora un uomo di Chiesa: il cardinale Nicola Cusano. Costui, che sarà considerato da Keplero un maestro, afferma non solo che il Sole è al centro, e la Terra no, ma anche che quest’ultima si muove, anche se noi non ce ne accorgiamo.
Il terzo personaggio che si incontra studiando questo tema, è ancora un ecclesiastico (sebbene, a differenza dei precedenti, non sia sacerdote), e si chiama, anche lui, Nicola: il celebre Niccolò Copernico.
Nè Oresme, né Cusano, né Copernico, nè Galilei, come sappiamo, riescono però a dimostrare in modo inequivocabile i moti della Terra. Ci pensaranno altri due sacerdoti, alcuni secoli dopo.
Nel Settecento sarà il sacerdote anglicano James Bradley (1693-1762), cresciuto nella passione per le stelle sotto la guida dello zio, il reverendo James Pound, a dimostrare finalmente, con “una prova scientifica e inconfutabile”, e “una volta per tutte che la Terra si muove intorno al Sole” (Piero Bianucci, Storia sentimentale dell’astronomia, Longanesi, Milano, 2012, p.169; Amedeo Balbi, Seconda stella a destra: vite semiserie di astronomi illustri, De Agostini, 2010).
L’astrofisico citato, Amedeo Balbi, ci dà qualche indicazione sul modo con cui Bradley arrivò alla scoperta: “Nel 1725, Bradley iniziò a tenere d’occhio la stella Gamma Draconis per capire se si spostava annualmente per parallasse. Dopo aver raccolto dati per quasi due anni, concluse che la stella si muoveva davvero, ma in modo del tutto inaspettato. Il periodo era in effetti annuale (quindi la cosa era probabilmente dovuta al moto terrestre) ma lo spostamento era fuori fase rispetto a quello atteso. Gli ci volle un bel po’ di riflessione per capire quello che stava succedendo, ma alla fine ci riuscì (mettetevi comodi perché la spiegazione è pazzesca): siccome la luce viaggia a velocità finita, l’immagine della stella ci mette un po’ per attraversare la lunghezza del telescopio e raggiungere l’oculare. Nel frattempo, però, la Terra si sposta; la posizione della stella, quindi, appare inclinarsi leggermente nella direzione del moto terrestre, esattamente come le gocce di pioggia appaiono provenire da un punto di fronte a noi quando ci muoviamo in macchina (anche se la pioggia cade quasi verticale). Inoltre, siccome la Terra cambia continuamente direzione nel corso dell’orbita, la posizione apparente della stella nel cielo disegna, in un anno, una piccola ellisse. Questo effetto, chiamato aberrazione della luce, è dovuto solo alla velocità della Terra, e non alla distanza della stella, per cui è in generale più importante rispetto alla parallasse. (La parallasse stellare fu osservata per la prima volta solo a metà ottocento, da Bessel.)
Così, come succede talvolta nella vita, Bradley incappò per caso in una scoperta ancora più straordinaria della cosa che stava cercando. Se non ne avete mai sentito parlare, probabilmente è anche perché la cosa non è stata comunicata ai posteri abbellendola con una storiella all’altezza. Niente mele cadute dall’albero, nessun grave lanciato da una torre, solo una cosetta su Bradley che se ne va in barca e vede una bandierina cambiare direzione quando la barca vira, e allora, zac, l’illuminazione: ma è una storia che chiaramente non funziona per niente, non ha presa. Quando si dice l’importanza di un buon ufficio stampa…”.
E il moto di rotazione? Ecco un altro personaggio che non ha potuto contare su un buon ufficio stampa: Giovanni Battista Guglielmini.
Siamo alla fine del Settecento e padre Giovanni Battista Guglielmini, filosofo, astronomo e sacerdote bolognese, scrive, nel 1789, le Riflessioni sopra un nuovo esperimento in prova del diurno moto della Terra e nel 1792 il De diurno Terrae motu.
Guglielmini immagina un esperimento che consiste nel far cadere dei gravi dalla cupola di San Pietro direttamente nel Santo Sepolcro, alla base dell’altare del Bernini. Chiede il permesso al cardinale Ignazio Boncompagni, segretario di Stato del papa, e lo ottiene. Per alcuni disguidi, però accade che Guglielmini decide di agire in patria, a Bologna: facendo cadere dei gravi dalla Torre degli Asinelli egli dimostra appunto che la Terra non è immobile, ma ruota su se stessa
(Guido Parravicini, Galileo, RCS, Milano, 2016, p. 70; Piergiorgio Odifreddi, Come stanno le cose. Il mio Lucrezio, la mia Venere, Rizzoli, Milano, p. 74; Odifreddi definisce quella del Guglielmini “la prima prova sperimentale del fatto che la Terra gira intorno a se stessa”; Luigi Pepe, voce “Guglielmini”, Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, 2003; “Nonostante ciò e nonostante il risultato estremamente positivo, le sue conclusioni ebbero scarsissima risonanza, pur anticipando di 50 anni la celebre esperienza di Léon Foucault nel Pantheon di Parigi” http://museospecola.difa.unibo.it/italiano/sto2_16.html; John Heilbron, Il sole nella chiesa,Compositori, Bologna, 2005, p. 270-271).
Vedi qui:
De diurno Terrae motu experimentis physico-mathematicis confirmato_bw_
Sarà infine il francese Jean Bernard Léon Foucault (1819-1868), nel 1851, attraverso l’esperimento del Pendolo di Foucault, a confermare per la seconda volta la rotazione della Terra. L’esperimento verrà replicato per la prima volta in Italia da Padre Guido Alfani (1876-1940) in Santa Maria del Fiore a Firenze, “sfruttando l’altezza della cupola del Brunelleschi” (Walter Ferreri, Dalla terra ai confini del sistema solare, Milano, 2016, p. 11).
Articolo apparso su Il Timone, maggio 2017