Quarantun’anni fa, a Monaco di Baviera, moriva Werner Heisenberg, uno dei massimi fisici del Ventesimo secolo, forse il primo ad “immaginare un mondo subatomico, astratto e impossibile da visualizzare”. Heisenberg, padre del principio di indeterminazione, uno dei pilastri concettuali della meccanica quantistica, nasce a Wurzburg, nel 1901, ed ottiene il premio Nobel per la fisica ancora giovanissimo, nel 1932.
Uomo poliedrico, amante dello sport, della musica, della filosofia e della teologia,
a poco più di vent’anni assiste, a Monaco, all’instaurazione della locale “Repubblica Sovietica”: odio, violenza, anarchia, furti… che lasceranno in lui una forte avversione, per tutta la vita, nei confronti del comunismo.
All’ascesa del nazismo il grande fisico si trova dinnanzi ad un dilemma morale: scappare dalla Germania, come il suo amico Albert Einstein, o rimanere nel suo paese, come l’altro gigante della fisica, anch’egli amico e ascoltato maestro, Max Planck?
Heisenberg opta per la seconda soluzione: lasciare la Germania gli sembra vigliaccheria, sia nei confronti della sua numerosa famiglia, sia dei giovani fisici che vuole proteggere dalle grinfie del regime.
Scrive: “Non ci resta che aspettare il momento in cui sia possibile fare qualcosa. Nel frattempo cerchiamo di tenere in ordine gli angoli oscuri in cui siamo costretti a vivere”. La parola ordine sarà centrale, in tutta la sua vita: l’ordine della natura, la sua bellezza, contrapposta al disordine, al male. Per tutta la vita cercherà di connettere ordini diversi, “ordini parziali”, “frammenti di un ordine centrale, più vasto e generale”, “verso un centro unificante”.
Convinto che la fisica del Novecento abbia mandato in frantumi l’idea materialista ed abbia reso ancora più chiaro che le conoscenze umane tendono verso una unificazione sempre superiore, nella quale svolgono un ruolo importante anche l’arte, la musica, la religione. Conoscendo bene la filosofia, grazie agli studi classici, nei suoi testi cerca di attualizzare i filosofi: preferisce, alla luce della scienza contemporanea, Platone a Democrito; l’idea di anima presente in san Tommaso, al dualismo di Cartesio tra res cogitans e res extensa; elogia Galileo Galilei, ma nello stesso tempo corregge la vulgata, sostenendo che fu un uomo religioso, alla ricerca, come avrebbe fatto dopo di lui anche Newton, del Dio che ci parla attraverso “il libro della natura”.
Durante gli anni del nazismo Heisenberg viene ostacolato nella carriera; difende i fisici ebrei, cercando di impedirne la persecuzione; viene attaccato sul giornale delle SS e incarcerato, una notte, dalla Gestapo…
Allo scoppio della seconda guerra mondiale si convince che la Germania è destinata alla sconfitta; poi, di fronte alle vittorie di Hitler, e all’Europa continentale che assiste allo scontro tra la sua Germania e l’Urss, ha, forse, qualche tentennamento: nonostante tutto, se Germania e Urss si contendono il mondo, non è meglio la prima, della seconda?
Ma il dilemma dura poco, perché entrano in guerra anche gli Usa. Intanto il regime spera nel suo grande fisico, Heisenberg appunto. Gli americani lo temono: è il solo fisico tedesco in grado di fare l’atomica. Sorvegliato dal regime, ma anche dalle spie americane, Heisenberg si muove con grande circospezione, tanto che ancora oggi gli storici dibattono: si impegnò, almeno per qualche tempo, per dare l’atomica ad Hitler, o fece il possibile per boicottarla? Chi scrive propende per la seconda ipotesi.
In ogni modo, nel 1943-1944 fa parte della Società del mercoledì, composta da tedeschi avversi al regime, molti dei quali saranno coinvolti nell’operazione Walkiria, per uccidere il dittatore. In questi anni Heisenberg conosce e legge i volantini dei ragazzi della Rosa Bianca che invitano al “sabotaggio”? Ci sono elementi in favore di questa ipotesi. In ogni modo alcuni anni prima di morire, nel 1973, riceve dall’Accademia Cattolica di Baviera il premio “Romano Guardini”, dedicato ad un sacerdote cattolico tra gli ispiratori della Rosa Bianca.
Heisenberg, che lo ha letto, stimato e conosciuto personalmente, fa un discorso che può anche essere considerato il suo testamento. Ricorda che “la scienza può essere usata per elaborare armi con la più atroce capacità distruttiva”, e che, come già Einstein, essa non sa darsi dei fini. Occorre dunque che vi siano delle “immagini guida”, che per Heisenberg sono quelle del cristianesimo: “Dove non ci sono più immagini guida a indicare il cammino, insieme alla scala di valori scompare anche il senso del nostro agire e soffrire, e alla fine restano solo negazione e disperazione. La religione è dunque la base dell’etica, e l’etica è il presupposto della vita”.
Quanto al suo tempo, sostiene, non ci sono più dittature, ma non per questo tutto va bene: “se c’è molta infelicità tra gli studenti di oggi, causa di ciò non sono i problemi materiali, ma la mancanza di fiducia, che rende al singolo troppo difficile dare un senso alla propria vita”.
Fiducia in cosa? Lo ha scritto tante volte, anche negli anni difficili: in un ordine naturale che rimanda ad un “ordinamento divino”. Non è con la parola “ordine” (cosmo, in greco), che Pitagora ha aperto la storia della matematica occidentale?